Venezia, città unica al mondo, non è solo famosa per i suoi canali, le gondole e la sua architettura. La sua anima si riflette anche nel linguaggio, ricco di espressioni tipiche che racchiudono saggezza, ironia e la vera essenza del popolo veneziano. Oggi vi invito a un piccolo viaggio linguistico alla scoperta dei modi di dire veneziani, che vi faranno sorridere e vi avvicineranno a questa cultura affascinante.
Da sapere innanzitutto, che la forma scritta del dialetto veneziano è un pò particolare: la “x“, ad esempio, equivale ad una “esse” che pur non essendo doppia viene un pò trascinata, mentre la lettera “s” usata singolarmente viene a volte pronunciata come in “rosa”, ovvero dolce, a volte sibilante. La “z” viene usata per la terza persona del verbo essere, pronunciata però quasi come una esse blesa. Le doppie consonanti si usano raramente, e non esiste il passato remoto. Anche la lettera “L” viene quasi sempre tralasciata o sostituita da una “e”, trasformando un “elo” (lui) in “eo”, “gondola” in “gondoea”, soprattutto nella parlata comune. La lettera “J” si pronuncia “all’inglese”, ovvero come “gi”.
Ma proseguendo la lettura, vedremo anche le origini di questi modi di dire veneziani, oltre al loro significato. E noterete che per la maggior parte si tratta di espressioni colorite usate per insultare, a volte bonariamente altre meno. Questo accade un pò in tutte le forme di dialogo dialettali, dove spesso anche il saluto all’amico inizia o finisce con l’insulto scherzoso. In questo modo si viene a creare un legame più stretto tra le persone coinvolte, poiché dimostra familiarità e complicità. Ecco perché, anche a Venezia, non è raro udire le persone salutarsi in quel modo.
Sommario dei modi di dire veneziani:
Sìe ore ea cresse, sìe ore ea caea

“Per sei ore cresce, per sei ore cala“. Riferito al livello dell’acqua, sta ad indicare l’ovvietà della marea, soprattutto quando qualcuno osserva che l’acqua è molto bassa o molto alta. Il ciclo della marea scandisce da sempre la vita di Venezia e dei veneziani, contribuendo al loro carattere un pò filosofico. La sua ineluttabilità ci ricorda infatti che la vita è fatta di alti e bassi, per cui non preoccupiamoci se in questo momento “l’acqua” è bassa e allo stesso modo non vantiamoci troppo dei nostri successi.
‘Ndemo bever na ombra
“Andiamo a bere un bicchiere di vino“. In passato le mescite di vino all’aperto stavano “all’ombra”, spesso di un campanile, per mantenere il prodotto il più possibile fresco. Ed essendo uso comune, quando ci si trovava tra amici o al termine di un affare tra commercianti, andare a bere un bicchiere di vino per socializzare o per siglare un accordo, ci si recava appunto “all’ombra” più vicina. Tra i modi di dire veneziani è uno dei più usati. Variante comune: “‘Ndemo a ciavàr-se na ombra” ovvero “Andiamo a prender-ci un bicchiere di vino“, in quanto il termine “ciavàr” viene usato genericamente per indicare il “prendere” qualcosa, oltre che riferito all’atto sessuale con una donna.

Ti gà i gransi in scarséa?

“Hai i granchi in tasca?“. Detto a chi, di braccino corto, non paga mai quando si è in compagnia. Come se avesse i granchi nelle tasche e quindi ha paura di infilarci le mani per prendere i soldi. Gransi si pronuncia con la s sibilante, ponendo l’enfasi sulla a. Anche scarsea usa le sibilanti, qui l’enfasi è sulla e.
Ti xé seco incandio
“Sei magrissimo, secco, malnutrito.” Questa espressione ebbe origine dopo la guerra tra veneziani e turchi che portò questi ultimi all’assedio di Candia, l’attuale Creta, che durò ben 25 anni (dal 1648 al 1673). I veneziani che sopravvissero all’assedio e fecero ritorno a Venezia, portavano sui loro corpi scheletrici i segni dei patimenti subiti per fame e privazioni. Da allora si usa questa espressione figurata per sottolineare, con un pizzico di sarcasmo, la magrezza di qualcuno o le sue abitudini alimentari.

Ghe sbòro
“Vengo in senso orgasmico, eiaculo.” Tra i modi di dire veneziani è sicuramente il più usato. L’espressione ha diversi significati in base al contesto e al tono con cui viene pronunciata, e viene per lo più usata come rafforzativo o intercalare. Può quindi essere indifferentemente espressione di stupore (caspita! …), di menefreghismo (ma sì, …), o semplice intercalare per sottolineare un concetto (… che fredo!). La variante te/ta sbòro (sottinteso addosso) è invece un segno di disprezzo verso la persona che si ha davanti. Per approfondire, eccovi un link interessante oltre che divertente, dove Leonardo Visentin ve ne spiega le origini.
I morti cani che ti gà (el gà)
“I tuoi (i suoi) parenti morti sono dei cani.” Espressione offensiva e di spregio riferita non solo al soggetto, che si definisce un cane per discendenza, ma anche a tutta la sua stirpe defunta. Varianti: Chei cani de tutti i to morti – Quei cani di tutti i tuoi parenti morti. – I to morti (i xe) cani – I tuoi morti sono dei cani. Tra i modi di dire veneziani è forse il più brutto da sentire.
Ghe manca un bojo
“Gli manca un bollore.” Quando si cucina un alimento, se risulta ancora crudo, significa che doveva bollire ancora un pò, un altro “bojo” (bollore). L’espressione viene riferita spesso (soprattutto…) a persona che non capisce o non ci arriva, perché non ancora pronta, immatura. Uno dei tanti modi di dire veneziani per persona poco sveglia.
Batesà co’ l’acqua dei folpi
“Battezzato con l’acqua di cottura dei polpi.” Tra i tanti modi di dire veneziani questo è forse uno dei più curiosi. Viene detto a persona poco sveglia, impacciata. Si pensava infatti che il polpo fosse un animale stupido, oltre che impacciato nei movimenti, al contrario di ciò che sappiamo oggi. Pertanto, la persona battezzata con l’acqua sporca dove si è cotto il polpo, ne ha preso le caratteristiche negative. Assume significato diverso se detto a un bambino troppo vivace, che non sta mai fermo, come appunto un polipetto.

Testa da batipài!
“Testa da battipali“. Il “battipài” (batti pali) era l’attrezzo usato per piantare i pali nel fondo della laguna. Questo attrezzo, in origine, era formato da un pezzo di tronco in legno molto duro e rinforzato da strisce di ferro; veniva ritmicamente sollevato e battuto sulla sommità del palo, come un maglio, per piantarlo in profondità. Venezia, si sa, è costruita su di una foresta di milioni di pali, conficcati a mano sul fondo della laguna. E la testa del battipali doveva essere davvero dura, per poter fare questo lavoro. Ecco perché, quando una persona non capisce o, peggio, non vuol capire, si dice: “ti gà proprio ‘na testa da batipài!“
Te fasso veder mi che ora che xé!

“Ti faccio vedere io che ora è!” L’espressione è una velata minaccia, che ha origine dalle esecuzioni capitali della Serenissima. A quel tempo infatti, il condannato veniva posto tra le colonne di Marco e Todaro in Piazza San Marco, e rivolto alla torre dell’orologio, in modo che potesse vedere l’ora della sua morte. A volte i modi di dire veneziani sono un pò macabri, ma sappiamo che in passato la vita era molto difficile.
Coe ciàcoe non se impasta frìtoe
“Con le chiacchiere non si impastano le frittelle”. Uno dei modi di dire veneziani forse meno conosciuto. Esortazione a lavorare, che si fa a chi si sta perdendo in chiacchiere e pettegolezzi. Le frìtoe a Venezia erano dolce di stato, e durante il carnevale ne venivano prodotte in quantità; ne parlo anche nei miei articoli sul carnevale di Venezia e sulla cucina veneziana.
El vien da San Donà
“Viene da San Donato“. In provincia di Venezia esiste la città di San Donà, ma non è da confondere con questo detto. Infatti l’espressione sta ad indicare qualcosa che si è avuto gratuitamente, in dono, o anche, nella peggior ipotesi, che è stato rubato. In ogni caso, che non è stato pagato.
El pianze el morto pa’ fregar el vivo
“Piange il morto per fregare il vivo.” Dei modi di dire veneziani, questo si dice di persona falsa, ipocrita. Chi si lamenta della propria condizione per creare compassione in chi ha vicino, approfittandone per trarre dei vantaggi. Varianti riguardano principalmente ciò che si riferisce al vivo, con parole più colorite come “ciavàr” o “incular” el vivo.
Ma ti gà el moreto in casa?

“Ma a casa tua hai il maggiordomo?” Nelle famiglie più ricche di Venezia era uso comune avere dei servitori, solitamente di colore, detti appunto “moretti”. Questi facevano tutto quello che può fare un moderno maggiordomo: riordinare, sparecchiare, chiudere la porta. Per questo, quando qualcuno passa via senza fare la cosa ovvia che gli spetterebbe, si usa questa espressione per fargli notare la sua mancanza. Ad esempio, a chi entra o esce e lascia la porta aperta, specie d’inverno.
Ti xé nato col morto de acqua?
“Sei nato con il fermo di acqua?” Dei modi di dire veneziani sulla marea ne abbiamo già parlato, all’inizio di questo articolo. Sta di fatto che, durante il cambio d’acqua tra mare e laguna, e viceversa, c’è un momento in cui il flusso si ferma per invertire la sua direzione: questo momento, a Venezia e non solo, è detto “el morto de acqua“, durante il quale la laguna sembra fermarsi per riposare. Ecco perchè si usa questa espressione colorita per far reagire chi è fiacco, svogliato, pigro, o un pò addormentato. Come altri modi di dire veneziani, anche questo puntualizza uno status poco lusinghiero di una persona.
Ovviamente i modi di dire veneziani sono moltissimi, qui ho cercato di darvi una selezione dei più usati e curiosi. Se l’argomento vi piace, nella Parte 2 potete trovarne tanti altri.
Articolo davvero divertente e interessante. Alcuni modi di dire non li conoscevo nemmeno io che sono veneziano doc e ho superato gli anta da un bel toc!